Angeli dei Sette Chakra |
 Gli Angeli dei Chakra si rivolgono ad animi in cammino verso un sempre maggiore e consapevole equilibrio personale.
Donarsi o donare un angelo dei Chakra è un gesto colmo di simboli e significati.
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AL LETTORE |
La stoltezza, l'errore, il peccato, l'avarizia, abitano i nostri spiriti e agitano i nostri corpi; noi nutriamo amabili rimorsi come i mendicanti alimentano i loro insetti.
I nostri peccati sono testardi, vili i nostri pentimenti; ci facciamo pagare lautamente le nostre confessioni e ritorniamo gai pel sentiero melmoso, convinti d'aver lavato con lagrime miserevoli tutte le nostre macchie.
È Satana Trismegisto che culla a lungo sul cuscino del male il nostro spirito stregato, svaporando, dotto chimico, il ricco metallo della nostra volontà.
Il Diavolo regge i fili che ci muovono! Gli oggetti ripugnanti ci affascinano; ogni giorno discendiamo d'un passo verso l'Inferno, senza provare orrore, attraversando tenebre mefitiche.
Come un vizioso povero che bacia e tetta il seno martoriato d'un'antica puttana, noi al volo rubiamo un piacere clandestino e lo spremiamo con forza, quasi fosse una vecchia arancia.
Serrato, brulicante come un milione di vermi, un popolo di demoni gavazza nei nostri cervelli, e quando respiriamo, la morte ci scende nei polmoni quale un fiume invisibile dai cupi lamenti.
Se lo stupro, il veleno, il pugnale, l'incendio, non hanno ancora ricamato con le loro forme piacevoli il canovaccio banale dei nostri miseri destini, è perché non abbiamo, ahimé, un'anima sufficientemente ardita.
Ma in mezzo agli sciacalli, le pantere, le cagne, le scimmie, gli scorpioni, gli avvoltoi, i serpenti, fra i mostri che guaiscono, urlano, grugniscono entro il serraglio infame dei nostri vizi,
uno ve n'è, più laido, più cattivo, più immondo. Sebbene non faccia grandi gesti, né lanci acute strida, ridurrebbe volentieri la terra a una rovina e in un solo sbadiglio ingoierebbe il mondo.
È la Noia! L'occhio gravato da una lagrima involontaria, sogna patiboli fumando la sua pipa. Tu lo conosci, lettore, questo mostro delicato - tu, ipocrita lettore - mio simile e fratello!
( da I fiori del male di Charles Baudelaire- trad. Attilio Bertolucci)
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LA NOIA DELL'UOMO |
Questa che avete appena letto è la poesia introduttiva dei I fiori del male.
In "Al lettore" Baudelaire ci invita a fare un rischioso e lungo viaggio: sentirci in ogni parola dei versi di questa poesia, perché ognuno di noi è tutto ciò che in essa lui ha descritto.
La “Noia” è la ripugnante e grottesca immagine che il poeta francese ha innalzato a figura dominante di questo suo canto, che ha rappresentato come la più immonda delle celle in cui ci chiudiamo, come una figura mitologica dalle sembianze umane, perché è l’uomo a modellarla e partorirla, quindi altro aspetto non potrebbe avere.
L’impegno da doversi prendere consiste nell’ammettere la mostruosità della condizione umana, ignorante per stanchezza, per debolezza, e da questa miseria recuperare la propria esistenza e gravarsi della responsabilità di raggiungere la piena consapevolezza delle proprie ragioni, delle sensazioni che ci muovono e ci governano, cambiare sempre con partecipazione al cambiamento voluto, evitando di abbandonarsi con inerzia al tempo e al potere.
L’uomo deve combattere per non essere oltremodo schiavo, e la poesia, la scrittura, quali motivo d’insegnamento di esperienze da cui ottenere una ricchezza diversa da quella economica che viene proposta come fine della vita, in questo modo devono essere sfruttate e assorbite.
Le emozioni che sensibilmente decifriamo quali “negative”, derivano non solo da una reazione istintiva a eventi da cui esse scaturiscono, ma dal genere di lavoro che facciamo su noi stessi dall’istante in cui siamo coscienti della nostra ragione, della nostra crescita, dalle personali necessità che ci trasportano fino alla realizzazione dei nostri desideri. Siamo noi i soli responsabili della nostra insofferenza, della “Noia”, del dolore che appare sempre più premeditato, e Charles Baudelaire prova a dirci di uscire da quest’indifferenza e capire di essere gli unici artefici della propria vita.
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